samedi 18 février 2017

Saint ANGILBERT de CENTULE, abbé et confesseur


Vue actuelle de l'abbaye de Saint-Riquier, Somme.

Saint Angilbert

Confesseur et abbé (+ 814)

Conseiller très cultivé de l'empereur Charlemagne, il était chargé du gouvernement civil de toute la contrée entre l'Escaut et la Seine. Il revêtit l'habit monastique dans l'abbaye de Saint Riquier qui connut une grande prospérité sous son abbatiat. 

Au monastère de Centule dans le Ponthieu, en 814, saint Angilbert, abbé. Après avoir quitté ses charges au palais de Charlemagne et à l’armée, il se retira dans la vie monastique, avec le consentement de son épouse, qui elle-même prit le voile des femmes consacrées, et il dirigea avec succès l’abbaye de Centule.

Martyrologe romain

SOURCE : http://nominis.cef.fr/contenus/saint/5776/Saint-Angilbert.html

Angilbert of Centula, OSB, Abbot (AC)

Died 814. Nicknamed "Homer" because of his Latin verses, he was raised at the court of Charlemagne and studied under Alcuin. He married Charlemagne's daughter, Bertha (some scholars believe it was an affair rather than a marriage), but turned to religious life when prayers for a successful resistance to a Danish invasion were answered when a storm scattered the Danish fleet.

Bertha entered a convent and he became a monk, excelled as a minister, and filled several important offices. As a reward Charlemagne gave Angilbert the abbey of Saint Riquier (Centula) and Angilbert became a model abbot. He established a library at Centula and also introduced continuous chanting in the abbey, using his three hundred monks and 100 boys in relays to do so. He was a close friend and confidante of Charlemagne, was his court chaplain and privy councilor, undertook several diplomatic missions for the emperor, and was one of the executors of the emperor's will (Benedictines, Delaney, Encyclopedia).


St. Angilbert

Abbot of Saint-Riquier, died 18 February, 814. Angilbert seems to have been brought up at the court of Charlemagne, where he was the pupil and friend of the great English scholar Alcuin. He was intended for the ecclesiastical state and must have received minor orders early in life, but he accompanied the young King Pepin to Italy in 782 in the capacity of primicerius palatii, a post which implied much secular administration. In the academy of men of letters which rendered Charlemagne's court illustrious Angilbert was known as Homer, and portions of his works, still extant, show that his skill inverse was considerable. He was several times sent as envoy to the pope, and it is charged against him that he identified himself with the somewhat heterodox views of Charlemagne in the controversy on images. In 790 he was named Abbot of Centula, later known as Saint-Riquier, in Picardy, and by the help of his powerful friends he not only restored or rebuilt the monastery in a very sumptuous fashion, but endowed it with a precious library of 200 volumes. In the year 800 he had the honour of receiving Charlemagne as his guest. It seems probable that Angilbert at this period (whether he was yet a priest is doubtful) was leading a very worldly life. The circumstances are not clear, but modern historians consider that Angilbert undoubtedly had an intrigue with Charlemagne's unmarried daughter Bertha, and became by her the father of two children, one of whom was the well-known chronicler Nithard. This intrigue of Angilbert's, sometimes regarded as a marriage, has been disputed by some scholars, but is now generally admitted. We should probably do well to remember that the popular canonizations of that age were very informal and involved little investigation of past conduct or virtue. It is, however, stated by Angilbert's twelfth-century biographer that the abbot before his death did bitter penance for this "marriage", and the historian Nithard, in the same passage in which he claims Angilbert for his father, also declares that Angilbert's body was found incorrupt some years after his burial. Angilbert has been claimed as the author of a fragment of an epic poem on Charlemagne and Leo III, but the authorship is disputed. On the other hand, Monod believes that he is probably responsible for certain portions of the famous "Annales Laurisenses."

Thurston, Herbert. "St. Angilbert." The Catholic Encyclopedia. Vol. 1. New York: Robert Appleton Company, 1907. 18 Feb. 2017 <http://www.newadvent.org/cathen/01490b.htm>.

Transcription. This article was transcribed for New Advent by Michael C. Tinkler.

Ecclesiastical approbation. Nihil Obstat. March 1, 1907. Remy Lafort, S.T.D., Censor. Imprimatur. +John Cardinal Farley, Archbishop of New York.

Copyright © 2020 by Kevin Knight. Dedicated to the Immaculate Heart of Mary.

Saint Angilbert of Centula

Also known as
  • Homer
Profile

Raised at the court of Charlemagne, and became his friend and confidante. Studied under Alcuin. Nicknamed “Homer” because of his Latin poetry. Married to Charlemagne‘s daughter Bertha. With her permission he turned to religious life when prayers for a successful resistance to a Danish invasion were answered and a storm scattered the Danish fleet; Bertha became a nun. Benedictine monk. Court chaplain, privy councilor, and diplomat. As a reward for his help in court, Charlemagne gave Angilbert the abbey of Saint Riquier in Centula where he served as abbot. He established a library at Centula, and introduced continuous chanting in the abbey using 300 monks and 100 boys in relays. Executor of the emperor’s will.

Born

Sant' Angilberto di Centula Abate di Saint-Riquier


750 - Saint-Riquier, Francia, 18 febbraio 814

Martirologio Romano: Nel monastero di Centule nel territorio di Amiens in Francia, sant’Angilberto, abate, che, abbandonati gli incarichi di palazzo e militari, con il consenso della moglie Berta, che prese lei pure il sacro velo, si ritirò a vita monastica e resse felicemente il cenobio di Centule.

Sant’Angilberto nacque verso il 750 da un ignoto signore della corte di Pipino il Breve, re dei Franchi e proprio a corte fu educato. Qui entrò presto in relazione con il principe ereditario, il futuro Carlo Magno, del quale divenne amico, confidente, consigliere e, a quanto pare, anche segretario. Quando nel 781 il piccolo Pipino, nipote del precedente, di appena quattro anni, fu incoronato a Roma re d'Italia da Papa Adriano I, Angilberto divenne l’addetto al regale fanciullo, con il titolo di primicerio di palazzo, nella cui veste egli poteva esercitare vaste funzioni in campo ecclesiastico e civile. Il santo dovette avere un ruolo importante nell'educazione del giovane principe, come pure nei rapporti tra lui ed i sudditi, ma anche tra lui e l’imperatore suo padre, e nel 787 si stabilì a corte. Incaricato poi di governare la regione inclusa tra la Schelda, la Senna ed il mare, fissò la sua dimora nel castello di Centula, nella Piccardia, non distante dall’abbazia fondata nel 625 da Saint Riquier, e continuò a mantenersi in corrispondenza con l’Accademia Palatina, eretta per volere di Carlo Magno dal benedettino inglese Alcuino, della quale fece parte con il nome di Omero e la illustrò con le sue poesie di sapore retorico. Angilberto fu amico di San Guglielmo d’Aquitania, San Benedetto d’Aniane e Sant’Adalardo. Egli corrispose in prosa ed in poesia anche con i sapienti del tempo, tra cui il suo professore di grammatica, Pietro da Pisa, e Teodulfo, vescovo di Orléans, teologo e poeta, uno dei principali esponenti della rinascita carolingia.

La vita di Angilberto, benché egli avesse ricevuto la tonsura, non era molto dissimile da quella degli altri cortigiani quanto a vizi e mondanità. Alcuino stesso ne rimase scandalizzato e non mancò di fargli le sue rimostranze. Angilberto però, anziché rinsavire, si innamorò della principessa Berta, figlia di Carlo Magno, dalla cui unione nacquero due figli, Armida e Nitardo, quest’ultimo storico ed abate di Saint-Riquier. Il sovrano, che quanto a moralità egli per primo non dava un grande esempio, non permise ai due amanti di sposarsi, ma in premio dei servizi che lo pseudogenerogli aveva reso nel campo amministrativo, gli concesse in commenda l’abbazia di Saint-Riquier. La nuova carica moltiplicò i suoi introiti, senza comunque interferire nella sua vita secolare. Con il tempo iniziò a nutrire una profonda venerazione verso San Richiero, dispensatore di potenti miracoli verso i devoti che accorrevano a venerarlo, e colpito da una grave malattia, pensò dunque di fare egli stesso un voto: se fosse guarito avrebbe intrapreso la vita religiosa nell’abbazia di cui egli stesso era già abate commendatario. La sua preghiera fu esaudita, ma non appena si ristabilì in forze fu impegnato nel difendere le sue terre dalle invasioni dei danesi. La grande vittoria che riportò su di loro, che attribuì nuovamente all’intercessione del santo, lo convinse a soddisfare il voto.

A Saint-Riquier-sur-Somme Angilberto divenne sacerdote ed edificò tutti i confratelli con la sua umiltà e l’esercizio della penitenza. Alla morte dell’abate Sinforiano, i monaci all’unanimità lo elessero abate, con la piena approvazione di Carlo Magno, anche se questi temendo che Angilberto potesse seppellire i suoi talenti nell'oscurità e nella solitudine del monastero, lo nominò suo arcicappellano e lo mandò tre volte a Roma dal papa in veste di suo ambasciatore. Nel 792 Angilberto condusse da papa Adriano I il vescovo di Urgel, Felice, condannato dal Concilio di Ratisbona perché, considerando che l’umanità assunta dal Verbo rende Gesù Cristo simile in tutto a noi, riduceva meramente ad un legame di adozione la paternità di Dio Padre nei confronti del Figlio. Nel 794 il sovrano si servì nuovamente di Angilberto per sottoporre al giudizio del pontefice i “Libri Carolingi”, ribadendo la condanna inflitta dal secondo concilio di Nicea nel 787 all’iconoclastia. Il nuovo papa, San Leone III, subito dopo l’elezione incaricò dei legati di portare a Carlo Magno le chiavi della confessione di San Pietro e lo stendardo della città di Roma, per testimoniargli come continuasse a considerarlo protettore della Chiesa e patrizio dei romani. Allo stesso tempo lo pregò di inviargli qualche suo cortigiano perché ricevesse in suo nome il giuramento di fedeltà e di sottomissione del popolo romano. Nel 796 Carlo inviò per una delicata missione ancora una volta Angilberto, che consegnò al papa buona parte dei tesori appena conquistati dall’esercito franco del duca friulano Errico, utili per restaurare ed abbellire le basiliche di Roma e il palazzo del Laterano, allora residenza pontificia.

Anche ad Angilberto spettò parte di quel tesoro ed egli se ne servì per ampliare ed arricchire la sua abbazia, nonché per dotarla di una biblioteca. Dopo l’ultima missione il santo si distaccò drasticamente dalla corte e dal mondo onde dedicarsi alla vita interiore, ristabilire innanzitutto con il suo esempio l’osservanza rigolosa della regola e curare la solennità delle celebrazioni liturgiche. Non a torto Angilberto fu considerato secondo fondatore di Saint-Riquier, poiché sotto il suo governo l’abbazia conobbe una nuova fioritura. Curò l’erezione di tre nuove chiese, che dedicò rispettivamente al Salvatore, a San Benedetto ed ai santi del suo ordine, e per l’occasione fece pervenire preziose reliquie da Roma, da Costantinopoli, da Gerusalemme e da altri santuari europei. Nell’800 il futuro imperatore Carlo Magno si recò con Alcuino a celebrare la Pasqua a Saint-Riquier ed il medesimo anno Angilberto seguì il sovrano a Roma per una difficile missione in difesa del papa: in riconoscimento all’aiuto ricevuto, la notte di Natale Leone III incoronò il re franco dando così origine al Sacro Romano Impero d’Occidente.

Angilberto approfittò dell’occasione per ottenere dal papa il rinnovo dei privilegi dell’abbazia e l’esenzione dalla giurisdizione episcopale di Amiens per tutti i suoi domini. Il santo abate costituì tre cori, composti da trecento religiosi e cento fanciulli, che cantassero perennemente l’ufficio divino nelle tre chiese per la salute di Carlo e la prosperità del suo regno. Prova tangibile dell’importanza che Angilberto rivestì al tempo di Carlo Magno è la presenza del suo nome fra i quattro firmatari del testamento dell’imperatore che avrebbero dovuto vigilare sull’esecuzione delle sue ultime volontà. Carlo morì il 28 gennaio 814, ma Angilberto non gli sopravvisse che ventidue giorni: consumato dai digiuni e dalle penitenze, spirò infatti a Saint-Riquier il 18 febbraio seguente e manifestò il desiderio di essere sepolto davanti alla porta principale della basilica conventuale, per essere calpestato da quanti si sarebbero recati nel tempio a pregare. La fama di santità che lo circondava spinse i monaci ad attivarsi per la sua canonizzazione, ma solo dopo tante peripezie nel 1100 papa Pasquale II poté esaudire la loro richiesta.

Autore: Fabio Arduino